La comunità evangelica battista di Altamura
La Chiesa Battista di Altamura nacque, come altre comunità simili in quel tempo, in maniera quasi spontanea, in seguito all’azione di uno scalpellino che si improvvisò colportore evangelico al suo ritorno dal servizio di leva, svolto come attendente di un ufficiale dell’esercito, e portando con sè un buon numero di Bibbie, opuscoli e stampe varie che cominciò a distribuire come un “tesoro” ad amici e conoscenti.
Dall’opera di proselitismo di questa prima cellula, si formò il gruppo iniziale, che prendeva coscienza progressivamente e che cominciò a vivere la sua esperienza, a darsi una identità definita.
La Puglia dell’ultimo decennio del secolo scorso è stata accuratamente descritta da diversi autori, tra questi il Salvemini[1], come una regione quasi esclusivamente agricola e Altamura si trova nella zona dell’Alta Murgia, avvolta in un paesaggio desolato, senza alberi, dominato da un’agricoltura estensiva dove la miseria e l’ignoranza imperavano, dove vivevano contadini, braccianti e pastorelli, dove le ragazze erano destinate a fare le serve nelle case benestanti per avere assicurati pane e minestra.
Le prime adunanze vedono la frequenza di donne, e non era così scontata in quel tempo. In molti casi, per la stragrande maggioranza delle persone nel Mezzogiorno è il primo contatto di coinvolgimento in un'esperienza democratica. Salvemini aveva descritto la distanza “sostanzialmente feudale” fra i proprietari e i contadini. La struttura sociale della Puglia di quel tempo, e che resterà ancora per molti anni a seguire, è divisa tra “il proprietario” e il bracciante, il contadino, l’operaio non specializzato, cioè il “Cafone” che verrà descritto trent’anni dopo da Tommaso Fiore.
La piccola comunità diventa una scuola di libertà in cui per la prima volta si vota e si decide in un’Assemblea dove tutti hanno diritto di parola e di voto. Si vota per stampare gli opuscoli, per comperare la letteratura evangelica, per accogliere pastori e colportori, per concorrere alle spese dei fitti. Si responsabilizza l’intera comunità e pertanto viene praticata la libertà di parola, anche attraverso la polemica religiosa, dando un senso di libertà alle esperienze personali di chi sceglieva di uscire dalla massa del popolo analfabeta e ignorante.
Era forse questo bisogno di libertà che legò le prime comunità evangeliche a chi premeva per le libertà politiche, portando ad avvicinare alle comunità professionisti ed esponenti della nobiltà.
La comunità visse una fase di stallo durante il periodo delle grandi emigrazioni verso le Americhe dei primi decenni del XX secolo. per arginare gli esodi la chiesa decise di costruire una cappella evangelica su un suolo di proprietà della famiglia di un componente della comunità, noto professionista., di istituire la festa dell’albero quale momento importante della vita comunitaria, di concentrare gli sforzi per rilanciare la crescita.
Si mettono in cantiere progetti quali la fondazione di un Centro Culturale quale istituzione tesa all’elevazione culturale della popolazione, intitolato a Leon Tolstoj e inaugurato nel 1910, si fornisce una sala lettura e si stipulano abbonamenti a giornali, nel 1914 si istituisce una scuola di disegno per i giovani iscritti alla scuola domenicale, nel tentativo di offrire ai giovani l’opportunità di attrezzarsi per migliorare la propria formazione: In questo modo anche la condizione giovanile entra a far parte delle preoccupazioni e delle occupazioni della Chiesa.
Tanti frammenti di storia sono conservati nell’archivio storico dell’Unione Battista e negli archivi delle chiese singole, di qui la necessità di procedere con un lavoro di campo su singole comunità rappresentative che possano guidare nell’elaborazione di sintesi su base regionale, ordinare e rendere accessibili i documenti più importanti e poi procedere con la storia generale, in maniera per quanto possibile oggettiva.
La necessità di ambienti più ampi e spaziosi affinchè la comunità in crescita potesse riunirsi, pregare, discutere e indottrinarsi fa sì che si rilevassero nuovi locali e spinge a creare nuove cellule nelle città vicine come quella di Gioia del Colle. Agli immigrati si chiedono oboli per la costruzione di nuove chiese.
Nel 1916 viene convocato il “Primo Convegno Distrettuale delle Puglie e della Basilicata dei Battisti del Mezzogiorno d’Italia” che si svolse a Matera nei giorni 19 e 20 gennaio, preceduto da un incontro formale avvenuto ad Altamura,, utili per lo scambio di idee, per la comunicazione e l’avvaloramento delle esperienze, per la promozione e l’intrapresa in comune delle attività sociali che avrebbero dovuto cementare le relazioni sociali e integrare il programma religioso: circolo culturale, cinematografo, cooperative di produzione e consumo, stampe di opuscoletti , case del soldato, un convitto per l’educazione dei bambini.
Queste che nell’assemblea furono linee programmatiche condussero, nel corso degli anni successivi, alla creazione della casa del soldato, dove si offriva la possibilità ai soldati, offrendo carta, inchiostro, ecc., di scrivere comodamente alle proprie famiglie e di dedicarsi a “sane “ letture, del convitto femminile “Italia Redenta” che comprendeva le “Regie scuole Normali, Tecniche, Ginnasiali, Liceali, alla fondazione di un Circolo Culturale, di un convitto maschile, riuscendo così ad avere un’incidenza notevole sul tessuto della città e di affermare presso l’opinione pubblica l’utilità sociale della comunità evangelica, guadagnandosi stima e rispetto, nonché le simpatie delle autorità locali.
E’ questa l’importanza del luogo di cultura della Chiesa battista di Altamura: la sua presenza e il suo ruolo nella crescita sociale. Esso è deputato alla conservazione, catalogazione e fruibilità di un prezioso patrimonio documentale oggi poco noto e accessibile e soprattutto il suo collegamento in rete con gli archivi delle chiese battiste sparse sul territorio italiano.
Ai primi componenti tutti appartenenti a classi subalterne, si aggiungeranno man mano anche liberi professionisti, professori di scuole superiori, maestri di musica, simpatizzanti ufficiali di pubblica sicurezza (che giocheranno un ruolo importante durante il periodo fascista), emigranti di ritorno dalle Americhe.
L’enorme mole di attività dispiegate dalla comunità altamurana, stabilirà l’orientamento dell’auspicabilità che ogni chiesa battista si adoperi nel sociale, operando per “liberare” il popolo dall’ignoranza e dalla arretratezza.
Una iniziativa sociale innovativa per quel tempo fu la creazione negli anni ‘20 del novecento, di un Asilo infantile frequentato anche da bambini e alunne non di fede evangelica, opera che ebbe l’approvazione del Provveditorato degli Studi di Bari, con annesso laboratorio di cucito per ragazze. Lo scopo sociale fu quello di intervenire sulla “situazione precaria dei giovani” di quel tempo. Il progetto fu di tale portata da spingere anche la chiesa cattolica ad emularlo e suscitando l’interesse niente meno che di Tommaso Fiore.
La svolta per i battisti italiani e quindi anche per la Comunità altamurana avvenne nel 1957, anno in cui furono approvati nella Assemblea nazionale lo Statuto Costitutivo della Unione Cristiana Evangelica Battista di Italia, che darà come conseguenza l’apertura di un dibattito teologico sulla indipendenza delle chiese locali, le loro relazioni con i raggruppamenti regionali (Associazioni) e nazionale (Unione Battista), lo status giuridico ed ecclesiologico dell’Unione delle chiese Battiste, dibattito che condurrà all’assetto definitivo degli anni ottanta: il consenso maggioritario sulla linea ecclesiologica del “centralismo democratico”.
La chiesa subisce un’evoluzione in seguito alla riforma agraria degli anni cinquanta; favorendo l’accesso dei contadini alla terra, alcuni dei componenti la comunità evangelica battista erano passati dallo status di braccianti o portatori, operai agricoli specializzati, ad essere dei piccoli proprietari.
Altre persone della comunità, grazie all’emigrazione, erano in grado di ritornare e acquistare delle terre o delle piccole proprietà immobiliari. Aumentò inoltre il numero degli impiegati statali o comunali. La crescita economica generalizzata che avvenne in Italia giunse, dunque, anche se di riflesso, a questa realtà meridionale.
La storia di questa minoranza è la storia del cambiamento economico e sociale dell’Italia e del meridione, svolgendo un ruolo importante, attestato dai documenti (cartacei, fotografici, materiali); la testimonianza evangelica della comunità era comunque penetrata nella città di Altamura, aveva lasciato delle impronte, aveva esercitato un’influenza positiva anche sul cattolicesimo, aveva creato una serie di strutture di aggregazione e di contatto con la città, oltre che con le altre comunità, attraverso una serie di patti di collaborazione.
La società cambia, e l’attività sociale della comunità continua, attenta ai fabbisogni spirituali, culturali e materiali. Tra il 1969 e il 1973 fu organizzata ad Altamura una scuola serale. Il 30% degli studenti non completava la scuola dell’obbligo ad Altamura; si calcolava che l’evasione scolastica totale interessava il 15% dei ragazzi e delle ragazze. La lotta all’evasione scolastica affinchè si giungesse al completamento della terza media diventò un coagulante per tutta una serie di istituzioni, associazioni e privati della città e la chiesa battista si mobilitò a sua volta per affrontare questo problema: con il lavoro volontario e gratuito da parte dei professori, l’utilizzo della copisteria per stampare il materiale scolastico necessario. Simbolo di questa attività è il pastore di pecore, Vitantonio Colonna, che nel 1972 impara a leggere per poter leggere la Bibbia, imparare i Salmi. Si svolse un’azione così efficace che la scuola serale a cui partecipava la comunità fu presa in consegna dallo Stato, che organizzò le scuole serali pubbliche per aiutare nel completamento della scuola dell’obbligo gli adulti che non erano riusciti a terminarla.
Durante gli anni settanta, continua l’attività della copisteria, la proiezione di film, l’organizzazione di concerti, con tutti i limiti posti dalla precarietà delle attrezzature utilzzate. Soprattutto l'attività della copisteria viene sentita dalla comunità come un “servizio sociale” reso alla città, e consente di uscire dal guscio e di stabilire una rete di rapporti con tutta una serie di gruppi sociali attivi nella città: partititi politici, associazioni, enti culturali.
Nel 1975 la copisteria si trasforma in Società Cooperativa Litografica a r. l. e tramite il Consiglio Ecumenico delle Chiese si riuscì ad ottenere l’aiuto di alcune chiese evangeliche, soprattutto svizzere, per coprire le spese per l’acquisto del macchinario necessario a fare il salto di qualità.
Gli anni settanta vedono un’altra iniziativa cooperativistica “Radio Murgia Stereo”; prende forma di radio comunitaria per la gestione in modo libero e democratico dell’informazione; un’esperienza che durerà alcuni anni e che si rivelerà una palestra di impegno comunitario e sociale per l’allora gruppo giovanile.
La sede della Missione evangelica che dal 1919 era stata l’antica Chiesa di sant’Augustiniello sita in C.so Federico II di Svevia, in posizione centralissima tra la Cattedrale e san Nicola, una struttura edificata nel 1539, che ancora conserva sulla porta la piccola edicola con una campanella e una scritta a ricordo dell’utilizzo della chiesetta, si rivelò in quegli anni ormai inadeguata.
Maturò pertanto la decisione di costruire una nuova chiesa in cui poter collocare, oltre il luogo di culto, la segreteria, l’ufficio pastorale, una sala riunioni, una biblioteca, l’archivio i locali della copisteria, un cortile per le attività ricreative-culturali.
Fu inaugurata la nuova sede con la presenza di oltre 500 persone e l’evento viene riportato in un articolo sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari, scritto da Bianca Tragni:
“La chiesa appena inaugurata costituisce un punto sereno di un cammino che cominciò nel lontano 1892 ad opera dello scalpellino Antonio Cammisa che fu il primo altamurano ad abbracciare la fede protestante e a far proseliti nella sua città tra mille difficoltà e ostilità: continuò con la costituzione del primo asilo infantile, di un convitto femminile, di un circolo di cultura per studenti e infine 15 anni fa di una copisteria tipografia (la “filadelfia” oggi vera e propria tipografia sociale) per cercare di frenare l’emigrazione dei giovani della comunità, la cui base sociale è per lo più operaia. Iniziative piccole ma da avanguardia e di stimolo per l’intera città”.
Nel suo articolo la Tragni individua il ruolo, piccolo ma significativo, svolto dalla comunità nel suo intrecciarsi al tessuto della città. Si tratta di una piccola minoranza che attraverso singolari iniziative d’avanguardia ha stimolato la crescita civile e democratica della città, nel suo essere minoranza.
In oltre un secolo di attività ha prodotto e raccolto testimonianze presenti nei suoi archivi, ma soprattutto ha maturato esperienze che intende trasmettere alla comunità cittadina, e a quella delle altre realtà in rete.
Negli anni ottanta la Chiesa Battista di Altamura aderì al Comitato locale della Organizzazione Umanitaria Internazionale “Sentinelle”, avente come finalità il sostegno ai ragazzi con disagio sociale o emarginati che risultavano evasori scolastici. Il comitato condusse un’indagine che durò diversi mesi conoscitiva sull’intera popolazione scolastica dell’obbligo di Altamura, i cui risultati furono presentati in un Convegno da cui scaturì un progetto operativo finanziato con fondi Cee e della Regione Puglia.
Durante i primi anni novanta la Chiesa Battista di Altamura organizzò, in ogni anno, un convegno di studi su temi che incidono in modo particolare sulla vita e la coscienza della comunità: dalla condizione giovanile al disagio delle famiglie, dalla pace e il disarmo in occasione della Guerra del Golfo, alla penetrazione della Mafia nella città che causò l’attentato incendiario alla copisteria.
Fu lanciato il progetto studio della storia della comunità con l’obiettivo di preservare la memoria collettiva attraverso l’analisi e la catalogazione del materiale d’archivio, ancora in corso e della sua necessità di renderlo fruibile alla collettività.
A cura di Mariella Forte
[1] G. Salvemini, “La questione meridionale” in Educazione politica (Dicembre 1898 - Marzo 1899), attualmente in Movimento socialista e questione meridionale, in Opere IV, vol. II (Feltrinelli, Milano 1969), pp. 71 e segg.